Ciuccio sì, ciuccio no?

L’uso del ciuccio è argomento in grado di scatenare grandi dibattiti: in realtà a questa domanda non vi è una risposta univoca ma è necessario analizzare la questione in modo più approfondito.

Il ciuccio ha un forte potere calmante, consolatorio e rappresenta un “riempitivo” alla sensazione di vuoto che il piccolo può provare quando la mamma è lontana o quando avverte una sensazione di disagio. È sicuramente un comodo e prezioso alleato della mamma in caso di emergenza, quando il bambino non può essere consolato in altro modo.

 

Un po’ di storia….

Nel corso del tempo e nelle varie culture, il ciuccio ha conosciuto diverse forme e significati. La sua prima raffigurazione risale al 1506 in una Madonna con Bambino di Albrecht Durer, in cui il Bambino tiene in mano un sacchettino fatto di straccio. Questo sacchetto (l’odierno ciuccio) poteva contenere dolci o pane, addirittura talvolta veniva imbevuto di vino per sedare i bambini.

Oltre che per calmare il pianto, il ciuccio veniva usato come aiuto nella dentizione: fatto di osso di animale oppure di corallo (sostanza ritenuta protettiva contro il diavolo e la malattia) e, nelle famiglie più facoltose, di argento, aveva la forma di un bastoncino e dava una sensazione di freschezza sulle gengive irritate, aiutando così il piccolo a superare il dolore della dentizione. L’utilizzo della gomma e la forma attuale compaiono intorno alla metà del 19° secolo.

Gli effetti positivi dell’utilizzo del ciuccio nei bambini sono stati sostenuti da diversi studi. Nel 2006 l’American Academy of Pediatrics emette delle linee guida sostenendo che il ciuccio è un fattore protettivo contro il rischio SIDS (la temuta sindrome della morte in culla nel primo anno di vita): il bambino, succhiando, ha una soglia del risveglio più bassa e si sveglia più frequentemente, pertanto non va incontro alle apnee notturne e non riesce a mettersi in posizione prona che sembra essere uno dei maggiori fattori di rischio.

 

Ma attenzione: l’uso o meglio l’abuso potrebbe comportare dei rischi per la dentizione futura.

É uno dei timori più frequenti di un genitore. In realtà il ciuccio e il biberon non arrecano danni alla dentizione se usati nei primissimi mesi di vita. A partire dai 18 mesi, invece, bisogna ridurne l’utilizzo e tra i due e i tre anni bisogna toglierli definitivamente di mezzo. Nei primissimi anni di vita infatti le ossa facciali si sviluppano molto e dare un input sbagliato può causare danni futuri (malocclusioni, anomalie di sviluppo e di posizione dei mascellari). Quel che è sicuramente dannoso è l’abitudine di intingere il ciuccio in sostanze dolci perché potrebbe favorire la formazione di carie già sui dentini da latte.

Non dimentichiamo poi il problema della deglutizione: l’utilizzo ad oltranza di ciuccio e biberon conserva una deglutizione di tipo infantile e sviluppa il cosiddetto “morso aperto” con relativi problemi di respirazione e conseguenze per la salute del piccolo.

Ben diverso è il caso dei bimbi allattati al seno. La probabilità di avere denti storti diminuisce drasticamente, poiché i muscoli implicati nella suzione del capezzolo promuovono invece un corretto sviluppo del palato e quindi della dentatura.

Diciamocelo, il ciuccio è un preziosissimo aiuto (straordinario “anti-stress”) non solo per le mamme, ma per tutta la famiglia, per il suo grande potere calmante. Ma non può e non deve diventare l’unico modo in cui un bambino viene calmato. Al contatto fisico ed emotivo con il genitore e al ciuccio si devono aggiungere via via altre modalità per raggiungere uno stato di benessere.

Tuttavia, intorno al primo anno di vita, il ciuccio dovrebbe essere abbandonato o quantomeno ristretto a momenti specifici. Questo nell’ottica di una conquista di autonomia: una volta diventato capace di calmarsi senza il contatto fisico della madre attraverso l’aiuto del ciuccio, un bambino può cominciare a diventare più sicuro di sé e trovare strategie autonome per calmarsi senza l’aiuto di oggetti esterni. Ovviamente si tratta di un processo graduale: se il ciuccio è stato proposto in modo corretto, solitamente i bambini riescono ad abbandonarlo senza particolari difficoltà.

Insomma ciuccio sì, ma solo per poco e utilizzato con “giudizio”.